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Una delle novità assolute sulla cura del melanoma cutaneo riguarda la terapia adiuvante. La terapia adiuvante ha lo scopo di ridurre il rischio di recidive e di migliorare la prognosi della malattia.
Oggi la terapia adiuvante è indicata nei casi di melanoma cutaneo ad alto rischio di recidiva:
– lesione primitiva molto spessa o ulcerata (stadio IIB-IIC)
o
– positività metastatica dei linfonodi (stadio III)
melanoma tumore della pelle
In Italia l’unico trattamento adiuvante, disponibile fino a qualche mese fa, era l’interferone (basso o alto dosaggio). Non c’è molta concordanza sull’efficacia riguardo il dosaggio, ma i dati emersi dalla raccolta di diversi studi metanalisi documentano globalmente, e indipendentemente da dosaggio e durata, un beneficio associato all’interferone del 18% di riduzione con relativa sopravvivenza libera da recidiva e 11% sulla sopravvivenza globale.
L’importanza di avere farmaci a disposizione per i pazienti con melanoma ad alto rischio di recidiva è dovuta al fatto che il 70 e l’80 % di questi pazienti recidiveranno entro cinque anni dalla diagnosi di melanoma. Le terapie adiuvanti attualmente approvate, l’interferone e, solo negli Stati Uniti, il farmaco immunoterapico anti-CTLA4 ipilimumab, sono in realtà poco usate perché presentano vari limiti, tra cui una tossicità non trascurabile.
Di recente sono stati presentati dati di studi condotti su pazienti operati per melanoma cutaneo in stadi ad alto rischio di recidiva, utilizzando farmaci che sono tutt’ora impiegati e notoriamente efficaci nei pazienti affetti da melanoma già metastatico (sia check-point inibitori quali ipilimumab e anti-PD1, sia terapia target a bersaglio molecolare con farmaci combinati anti-BRAF e anti-MEK).
In particolare hanno confrontato il trattamento adiuvante con ipilimumab a nivolumab (CheckMate 238), o pembrolizumab (anticorpi diretti contro l’asse PD-1/PDL-1) a placebo (KEYNOTE 054) per definire il ruolo degli anticorpi anti-PD-1 in questo setting. Entrambi gli studi hanno mostrato una superiorità rispetto a Ipilimumab. In particolare nello studio CheckMate il tasso di sopravvivenza libera da recidiva con nivolumab a 18 mesi è stato del 66,4%, rispetto al 52,7 con ipilimumab. Nivolumab ha ridotto il rischio di recidiva di malattia del 35% rispetto a ipilimumab. Nivolumab è quindi la prima e unica molecola approvata (non ancora, per il momento in Italia) per il trattamento adiuvante del melanoma sulla base di uno studio di confronto con un trattamento attivo che abbia dimostrato un comprovato beneficio di sopravvivenza globale.
Altri dati recentemente emersi riguardano i pazienti con presenza di mutazione genetica B-raf. Il trattamento adiuvante con la combinazione di due farmaci mirati, l’inibitore di BRAF dabrafenib e l’inibitore di MEK trametinib, ha ridotto del 53% (più che dimezzato) rispetto al placebo il rischio di ricaduta o morte in pazienti con melanoma in stadio III, aventi il gene BRAF mutato. È questo il risultato principale dello studio multicentrico internazionale di fase III COMBI-AD.
Ora abbiamo a disposizione due strategie diverse in termini di meccanismo d’azione, ma che penso siano ugualmente valide in termini di efficacia e che rappresentano due opzioni di scelta molto importanti per i pazienti con melanoma operato ad alto rischio di recidiva.
Questi dati hanno modificato la pratica clinica, e finalmente questi farmaci sono a disposizione anche in Italia!
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