Gli approcci terapeutici per la cura del tumore della tiroide possono essere:
– Chirurgia
– Terapia radiometabolica (solo nei differenziati)
– Terapia ormonale
– Radioterapia
– Terapia biologica
– Chemioterapia
Tumori differenziati
La decisione per i tumori differenziati viene presa prima di tutto in base ai livelli di rischio:
* Basso rischio:
– Metastasi assenti
– Assenza di residui tumorali
– Tumore non invasivo e no aggressivo
* Rischio intermedio:
– Presenza di invasione dei tessuti intorno alla tiroide
– Coinvolgimento dei linfonodi del collo
– Captazione dello iodio da parte di tessuti al di fuori di quello tiroideo dopo il primo trattamento radiometabolico.
* Rischio elevato:
– Tumore invasivo
– Tumore non eliminato completamente dalla chirurgia
– Presenza di metastasi
– Valori alti di tireoglobulina oppure in aumento veloce
Se il tumore è ancora piccolo (<4cm) e localizzato (linfonodi negativi) viene asportato mediante chirurgia che può prevedere l’asportazione totale (tiroidectomia totale) o parziale (emitiroidectomia) della tiroide (Basso rischio). In caso di fattori di rischio come l’extracapsularità o il coinvolgimento linfonodale l’asportazione dovrà essere totale (Alto rischio), associata all’asportazione dei linfonodi del collo (linfoadenectomia). La terapia adiuvante (dopo chirurgia) con radioiodio (terapia radiometabolica) viene presa in considerazione nei tumori differenziati della tiroide (papillare e follicolare) in presenza di:
– Tumore > 1 cm o di tipo aggressivo
– Tumori > 4 cm
– Estensione extratiroidea
– Localizzazioni linfonodali (pN+); nelle forme istologiche aggressive
In caso di tumori
In ogni caso l’avvio della terapia ormonale con TSH ricombinante a dosi tali da mantenere il TSH al limite inferiore del range di normalità, è sempre raccomandato per ridurre il rischio di recidive.
Se, dopo l’intervento chirurgico e la terapia radiometabolica vi fosse una ricaduta della malattia (recidiva) o l’evidenza di una persistenza, andrà valutata la possibilità di un nuovo intervento chirurgico e in caso contrario si potrà programmare un trattamento di radioterapia a fasci esterni, anche se in malattie a lenta crescita, molto localizzate e piccole (<3cm) in pazienti a basso rischio si può inizialmente procedere con uno stretto controllo e intervenire solo in un secondo momento.
Se, invece, la malattia si presenta in uno stadio avanzato, che coinvolge altri organi (metastatica) l’obbiettivo non potrà più essere la guarigione ma sarà la cronicizzazione della malattia mediante: terapia radiometabolica previa esecuzione di scintigrafia per verificare la sensibilità allo iodio.
In caso di malattie resistenti allo iodio e in progressione alla terapia radiometabolica è indicato, invece, l’avvio di terapie biologiche con inibitori delle tirosinkinasi (TKI) Es. Sorafenib e Lenvatinib.
In caso di progressione alla terapia biologica, in pazienti che mantengono delle buone condizioni generali, si prevede l’avvio di chemioterapia generalmente con adriamicina 60 mg/m2 ogni 3 settimane fino ad un massimo di 459mg/m2 totali per evitare gli effetti collaterali sul cuore. Successivamente si potrebbe valutare un trattamento con taxolo o taxotere anche se i dati a favore di questi farmaci ad oggi sono ancora insufficienti.
Tumori midollari
Per i tumori midollari, visti gli scarsi risultati delle terapie mediche, radiometaboliche e della radioterapia, la chirurgia è l’unica terapia veramente efficace, e comprende sia la tiroide (tiroidectomia totale) che eventualmente l’asportazione dei linfonodi del collo. La terapia ormonale sostitutiva con levotiroxina va avviata 4-6 settimane dopo tiroidectomia totale.
Anche per questi tipi di tumore in caso di recidiva la chirurgia è la scelta principale, ma, se non fosse fattibile, la scelta sarà di radioterapia a fasci esterni come pure in caso di fattori di rischio quali: malattia che ha coinvolto i tessuti al di fuori della tiroide, malattia estesa al mediastino, malattia residua dopo chirurgia. Mentre la radioterapia andrà considerata per malattia che coinvolge estesamente i linfonodi e in presenza di extracapsularità (la malattia si estende dai linfonodi ai tessuti circostanti).
Nel caso di malattia metastatica la terapia biologica con farmaci che bloccano la crescita dei vasi sanguigni (antiangiogenetici) è la scelta principale coadiuvata da trattamenti locali sintomatici o mirati a trattare singole metastasi.
I farmaci che oggi abbiamo a disposizione sono 2 inibitori tirosinchinasici: Vandetanib e Cabozantinib. Successivamente la chemioterapia con adriamicina associata o meno a cisplatino oppure dacarbazina associata o meno a 5-fluorouracile è il trattamento di scelta.
Tumori anaplastici
Per il tumore anaplastico il trattamento di prima scelta è la chirurgia (tiroidectomia totale) con asportazione dei linfonodi del collo (linfoadenectomia) eventualmente preceduto da radioterapia a fasci esterni o chemioterapia concomitante a radioterapia, là dove possibile, per ridurre la massa tumorale oppure seguito dagli stessi (entro 3 settimane dall’intervento) per aumentare il controllo di malattia locale e linfonodale (locoregionale).
Il trattamento di chemioterapia associato a radioterapia è invece la scelta migliore per il trattamento di tumori non operabili.
I farmaci chemioterapici più frequentemente utilizzati per il trattamento della malattia metastatica sono i taxani (taxolo/taxotere), i platinanti (cisplatino/carboplatino) e l’adriamicina, da soli o ancor più efficacemente in combinazione.