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a cura del dr. Andrés José María Ferreri
Medico Oncologo Specialista in Linfoma di Hodgkin
I linfomi sono un gruppo di tumori del sistema linfatico, che colpiscono i linfociti, ovvero un gruppo di cellule del sistema immunitario che hanno il compito di difenderci dalle infezioni. I linfociti generalmente si trovano nei linfonodi, nel midollo osseo, nella milza e nel timo e possono trasformarsi in senso neoplastico sia in queste sedi linfonodali che in qualunque altra sede extranodale.
Esistono molteplici sottotipi di linfoma: ad esempio il linfoma mantellare, il linfoma di Burkitt, linfoma extranodale, linfoma a cellule B primitivo del mediastino, linfoma associato a HIV, etc. Le due principali categorie di linfomi sono il Linfoma di Hodgkin e i Linfomi non di Hodgkin (rappresenta il 90% dei casi di linfoma). La classificazione dei linfomi, pubblicata originariamente nel 2008 e recentemente ripubblicata nel 2016 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), elenca una sessantina di linfomi.
Storicamente i linfomi furono classificati in linfomi di Hodgkin, in memoria di Sir Thomas Hodgkin, un medico inglese che nell’800 descrisse i primi casi, ed in linfomi non-Hodgkin tutti gli altri.
A livello micrsocopico la differenza tra il linfoma di Hodgkin e i linfomi non Hodgkin sta nella presenza della cellula di Reed-Sternberg nel linfoma di Hodgkin.
Il linfoma di Hodgkin colpisce soprattutto i giovani adulti sotto i 30 anni e pazienti over 60-70 anni, mentre il linfoma non Hodgkin è più frequente negli over 60.
Per accertare la tipologia di linfoma e impostare il corretto approccio terapeutico, si esegue l’esame istologico.
Il linfoma di Hodgkin (LH) è un tumore relativamente raro che origina nel sistema linfatico e può svilupparsi in diversi organi ed è un tumore che si riscontra con minor frequenza rispetto al linfoma non Hodgkin.
I linfomi di Hodgkin vengono suddivisi in due gruppi: il linfoma classico (circa il 95% dei casi) e il linfoma a predominanza linfocitaria nodulare.
Il linfoma classico può essere ulteriormente suddiviso: sclerosi nodulare (nel 60% dei casi, soprattutto nei giovani adulti), a prevalenza linfocitaria (10% dei casi e può manifestarsi a tutte le età), a cellularità mista (15-30% dei casi, più frequentemente negli anziani) o a deplezione linfocitaria (raro e generalmente si sviluppa negli anziani).
Tra i principali sintomi si riscontra l’ingrossamento indolore dei linfonodi del collo, delle ascelle, dell’inguine o in altre parti del corpo, che potrebbe aumentare a seguito del consumo di alcoolici.
Altri sintomi sistemici sono: febbre (più di 38°C) persistente per settimane, sudorazioni notturne profuse, perdita di peso, prurito diffuso su tutto il corpo con cute integra, stanchezza, mancanza di appetito.
Se il tumore si è sviluppato in aree del torace, possono manifestarsi sintomi quali tosse persistente, dolore toracico e difficoltà respiratorie.
Per ottenere la diagnosi viene di solito asportato chirurgicamente l’intero linfonodo per l’esame istologico.
Dopo la diagnosi istologica si eseguono gli esami di diagnostica per immagini per valutare le sedi colpite dal tumore (stadiazione) come la TAC, PET o risonanza magnetica.
Per scegliere il trattamento più adatto al singolo caso è opportuno valutare il tipo di tumore, lo stadio, l’età e lo stato di salute del paziente.
Il trattamento di prima linea è più frequente rappresentato dalla polichemioterapia (la somministrazione di più farmaci in combinazione) ad esempio ABVD. Talvolta al termine della chemioterapia viene effettuata anche la radioterapia (modalità combinata chemioterapia + radioterapia).
Le terapie di salvataggio o di seconda linea comprendono chemioterapia ad alte dosi seguite da autotrapianto di cellule staminali autologhe, anticorpi monoclonali che riconoscono e distruggono selettivamente le cellule tumorali (brentuximab vedotin), farmaci che stimolano il sistema immunitario a combattere le cellule neoplastiche con la nuova famiglia di anticorpi monoclonali inibitori di PD1 e PD1-L (inibitori dei check-point immunologici).
Le cause dei linfomi non sono ancora del tutto note, ma alcuni fattori possono aumentare il rischio di insorgenza di questi tumori.
A contrarre il linfoma di Hodgkin sono più frequentemente i giovani adulti, con un picco massimo nei ventenni, e la popolazione sopra i 60 anni, con una maggiore frequenza negli uomini rispetto alle donne.
Persone con familiarità per questo tipo di tumore sono esposte a un rischio maggiore di contrarre la malattia, soprattutto nel caso di gemelli identici.
Il rischio aumenta anche nei casi di indebolimento del sistema immunitario: HIV, malattie autoimmuni, terapie con farmaci antirigetto utilizzati nel post trapianto d’organo. Esiste una correlazione con l’infezione da virus di Epstein-Barr (responsabile anche della mononucleosi infettiva).
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