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I Linfomi includono diversi tipi di tumore, caratterizzati dalla proliferazione incontrollata di elementi più o meno immaturi della serie linfoide, che coinvolge uno o più linfonodi. Dai linfonodi coinvolti il clone di linfociti che presentano l’alterazione genica possono diffondersi attraverso il sistema circolatorio e linfatico ad altri linfonodi o organi, quali midollo, milza, pelle, polmoni, sistema nervoso centrale, stomaco e fegato.
È possibile suddividere i linfomi in due tipi: linfomi di Hodgkin e linfomi non-Hodgkin. Nella malattia di Hodgkin l’infiltrato cellulare è costituito dalla presenza di una popolazione minoritaria di cellule neoplastiche grandi e da una popolazione di linfociti. Nel linfoma non-Hodgkin l’infiltrato è costituito da cellule linfoidi neoplastiche. Di seguito una descrizione delle due patologie.
Linfoma o malattia di Hodgkin malattia linfoproliferativa maligna caratterizzata dalla proliferazione di cellule neoplastiche associate ad una componente polimorfa reattiva. Si contraddistingue per la presenza, infatti, di cellule neoplastiche esclusive che costituiscono solo l’1,5% dell’intera massa tumorale, chiamate cellule di Reed Sternberg o cellule di Hodgkin, che derivano dai linfociti B e che richiamano cellule infiammatorie, tra cui linfociti, mastociti e granulociti reattivi. È, inoltre, possibile distinguere il linfoma di Hodgkin sulla base delle caratteristiche istologiche e cliniche in diversi sottotipi:
– linfoma di Hodgkin a predominanza linfocitaria nodulare;
– linfoma di Hodgkin classico che, a sua volta, si suddivide in linfomi a sclerosi nodulare, a cellularità mista, ricco in linfociti e a deplezione linfocitaria.
A differenza del linfoma non-Hodgkin, il linfoma di Hodgkin insorge in un unico linfonodo per poi coinvolgere i linfonodi contigui, partendo, nella maggior parte delle volte, dai linfonodi cervicali, sopraclaveari, mediastinici, degli ili polmonari ed ascellari. Le adenopatie in genere sono di consistenza dure ma non dolorose. I sintomi sistemici quando presenti comprendono febbre persistente, calo del peso corporeo superiore al 10%, sudorazioni notturne profuse e prurito.
La diagnosi viene fatta mediante biopsia possibilmente di un intero linfonodo o di una sede extranodale interessata, per la dimostrazione, mediante esame istologico, della presenza delle cellule di Hodgkin e per la identificazione del sottotipo. A completamento del quadro diagnostico possono essere richiesti esami ematochimici e indagini strumentali (radiografia, ecografia, TAC, RM e PET) utili per la stadiazione.
La terapia viene scelta in base allo stadio clinico, alla presenza di sintomi sistemici e di fattori prognostici negativi e può includere la chemioterapia, la radioterapia e il trapianto autologo
Scopri di più sul Linfoma di Hodgkin.
Linfomi non-Hodgkin sono un gruppo eterogeneo di neoplasie linfoidi, che possono originare dai precursori dei linfociti B o T e che sono caratterizzate dalla proliferazione clonale e dell’accumulo di elementi linfoidi neoplastici. Alla base dei meccanismi patogenici ci sono alterazioni geniche dovute a traslocazioni cromosomiche; amplificazioni; delezioni o mutazioni somatiche.
I sottotipi istologici presentano differenti aspetti clinici, evoluzione e risposta alla terapia. Esordiscono solitamente con una o più adenopatie (linfonodi ingranditi) superficiali e non dolenti alla palpazione a livello cervicale, ascellare o inguinale o possono presentarsi anche in sede mediastinica o addominale senza ingrandimento dei linfonodi superficiali o in sedi extra-linfonodali (tonsille, stomaco, intestino, cute, polmone, tiroide, testicolo). Alle adenopatie possono accompagnarsi sintomi sistemici quali febbre, sudorazione profusa durante la notte, calo ponderale e più raramente prurito persistente.
Per la diagnosi e la stadiazione sono necessari la biopsia del linfonodo o della massa sospetta, gli esami del sangue, l’RX del torace, la TAC del torace, l’ecografia di addome e pelvi, la RM ed eventuale biopsia midollare per valutare un coinvolgimento del midollo osseo. La caratterizzazione istologica e il grado di diffusione condizionano la prognosi e indirizzano verso uno specifico programma terapeutico che potrà far ricorso a chemioterapia, immunoterapia, trapianto di cellule.
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