>>> Visto il periodo di ferie, i tempi di risposta dei consulti potrebbero essere più lunghi del dovuto.
Richiedi il buono sconto da 20 € per il tuo consulto online.
>>> Visto il periodo di ferie, i tempi di risposta dei consulti potrebbero essere più lunghi del dovuto.
La pandemia COVID-19 ha stravolto le abitudini di tutti, in particolar modo quelle di chi dall’8 marzo scorso trascorre tutto il suo tempo in casa, salvo poche eccezioni, non rientrando nelle categorie a cui è consentito recarsi al lavoro. La noia e la frustrazione sono naturalmente tra le cause che portano ad abitudini alimentari scorrette: il continuo piluccare cibi più o meno salutari o calorici determina inevitabilmente un’alterazione del bilancio energetico individuale.
La riduzione dell’attività fisica contribuisce a spostare l’equilibrio, riducendo il dispendio energetico complessivo ma, almeno per quanto riguarda chi aveva già abitudini sedentarie o chi praticava una blanda attività amatoriale – le classiche tre sedute di allenamento in palestra da sessanta/novanta minuti – già prima della pandemia, l’impatto è decisamente inferiore a quanto si creda.
Proviamo a fare due conti. Per semplicità, assumiamo che un individuo abbia la necessità di introdurre nell’arco della giornata cibo per un ammontare complessivo di 2000 Kcal e, sempre per semplicità, suddividiamo questo fabbisogno nelle ventiquattro ore: sono circa 85 le Kcal che verranno consumate ogni ora per sostenere l’impegno dell’organismo, cioè le attività che lo tengono in vita, di cui siamo inconsapevoli, più quelle che svolgiamo volontariamente. Un’ora di attività fisica amatoriale di media intensità può determinare in un soggetto standard un consumo di circa 400Kcal. Ciò equivale a un incremento di circa 320Kcal rispetto al fabbisogno standard di 85Kcal del soggetto sedentario. Considerando tre allenamenti settimanali arriviamo a stento a un consumo di 1000Kcal alla settimana, meno di una pizza margherita. Un piatto con 200g di mozzarella e un insalata ben condita, accompagnato da una fetta di pane da 50g, dai più considerato un pasto “leggero” pareggia anch’esso le 1000Kcal e, con un bicchiere di vino, che da solo può valere 100Kcal, supereremmo già quella soglia.
Da queste considerazioni, possiamo capire come il trucco non risieda tanto nel quanto costanti siamo con l’attività fisica amatoriale, che fa benissimo alla salute per un’altra serie di motivi ma che incide poco sul peso, quanto nel valutare criticamente ciò che mangiamo, magari distrattamente.
Non esistono cibi “dimagranti”, potenzialmente si può ingrassare con qualunque cibo. Esistono però alimenti sottovalutati nel quotidiano, per via dell’altissima concentrazione energetica che li caratterizza e/o per la tendenza a innescare uno stimolo lipogenizzante, per via ormonale. Le tre categorie più a rischio, in questo senso, sono i formaggi, i dolci e gli alcolici. Gradevoli al gusto, apprezzati per palatabilità e praticità – non vanno preparati o trasformati, essendo già pronti al consumo – spesso economici, gratificanti sul piano psicologico, rappresentano le principali insidie alimentari durante la quarantena e non solo.
Blog di informazioni mediche a carattere divulgativo redatto da medici Ultraspecialisti.
Esperto in percorsi nutrizionali per pazienti affetti da tumori, in condizione di sovrappeso/obesità, diabete di tipo II, disturbi alimentari e soggetti sani/sportivi presso IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
ULTRASPECIALISTI S.R.L. PMI Innovativa | Cod.Fisc / P.Iva: 09364300963 | Via Ampére 61/A, 20131, Milano | Capitale sociale 10.500 euro i.v.